Don Marcello Milani e don Giuseppe Toffanello raccontano i loro primi 50 anni di sacerdozio

Con Bepi “attaccai bottone” nel 1964, iniziando la Teologia, quando indossò la veste talare per la prima volta. Da allora si ripetono i percorsi comuni, compresa la messa mattutina nella quale ci alterniamo dalle suore Elisabettine.

Apparve lo studente modello, intelligente e discreto, consapevole di portare in sé un “dono che scotta”, dal volto inconfondibile e la voce delicata con tono soffuso, ma con doti nascoste come l’ironia e la capacità di intrattenimento. Improvvisamente si accendeva in lui una luce, come durante una gita a Milano, quando sorprese tutti con una raffica di barzellette e il pezzo forte de “La vispa Teresa”; e facendo da “Befana” si lasciò toccare il braccio da una donna che disse: «È un uomo»!

Navigammo a Roma, ci attese lo studio ma anche l’attività con gli Scout e la pastorale a Torre Maura. Per qualche tempo, per darsi un tono serio, oltre i sandali, tenne la barba lunga e incolta. Nella tesi sulla spiritualità dei preti di Padova raccolse molto materiale, scrivendone una sintesi in Concilium, ma senza dire ad alcuno della sua laurea. A Padova insegna Teologia Spirituale, ma coltiva tanti incontri e colloqui personali, con l’agenda sempre piena. E avvenne l’impatto con le religioni orientali, che affrontò con passione e in modo esperienziale. Ne risultò un modo “narrativo” di esprimere la teologia, che traduce in Dall’alba al tramonto: un fatto, un incontro, una riflessione. Non contento degli impegni ufficiali a Casa Sant’Andrea, seguì lo scoutismo, fu segretario della Facoltà e direttore della Scuola di Formazione Teologica di Padova per 14 anni. Insieme continuiamo ancora la spola per Este, da 41 anni, superando il freddo, perché gli studenti ci attendono con gioia. Resta la sua presenza a Montegrotto. Il “Bepi-Padova”, come lo chiamava la perpetua, è il confessore multilingue, l’uomo dell’ascolto ma anche dalle molte amicizie. Tutti passano, lui resta. Un commerciante mi confessò: parla piano, ma quando lo comprendi, lascia il segno. Benvenuto!”, mi dice il giorno del mio compleanno Marcello (don Marcello per molti che lo conoscono, il professor Milani per una schiera di studenti). Lui è nato l’anno prima del mio e faceva parte della classe che è stata ordinata nel ’68, ma la  salute lo ha fermato un anno, e allora ogni anno, quando raggiungo la sua età, mi dà un bel sorriso di benvenuto.

Abbiamo studiato insieme a Padova, ma anche a Roma eravamo insieme, in un collegio per studenti. Lui studiava allora Teologia orientale: mi parlava con passione delle cose che studiava e che faceva, creando ponti con quello che studiavo e facevo io. La mia simpatia per la spiritualità orientale me l’ha passata lui, insieme ad altri interessi che le sue conversazioni mi suscitavano.

Penso che benvenuto sia la parola che Marcello dice a tutti quelli che incontra. Lui cerca sempre ponti con i possibili interessi delle persone. Se gli presento un mio conoscente, lui parla subito di persone o luoghi che conosce, o comunque cerca qualcosa in comune con la persona. Forse questo lo ha facilitato a scoprire ponti anche tra i vari testi biblici e tra la Bibbia e la vita, visto che la Scrittura ha occupato gran parte della sua vita e del suo insegnamento. È sempre stato un amico per me, affidabile. Tutte le volte che ho avuto bisogno di lui, lui c’è stato. Faceva di tutto per venirmi incontro, con un affetto semplice, spesso anche scherzoso. Mi raccontano che lui c’è per tutti quelli che hanno bisogno: porta persone all’ospedale, va a trovare malati e anziani, conserva rapporti cordiali e frequenti con compagni di ordinazione che hanno preso altre strade.

Quando andavamo a trovare qualcuno, lo ricordo tirar fuori bottiglie di vino dal bagagliaio, bottiglie buone, appena comprate da qualche parte sui colli: da studioso dei Sapienziali della Bibbia, sa godere il buon vino. Ma dal bagagliaio tira fuori anche altri doni pensati proprio per la persona che ci stava aspettando.